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danbartMembro
non sono un geologo ma leggendo quello che chiedi m’è venuto in mente un amico che per lo stesso problema ha piantato del bambù che fa struttura intorno al pozzo che dava cenni di cedimento; la casa se ha delle buone fondamenta non dovrebbe dar problemi, credo. ciao
danbartMembro@bernagozzi wrote:
…. Potresti, in teoria, mettere un rubinetto all’uscita del tubo e regolare il deflusso, ma non vedo il senso, perderebbe un po’ di significato il dreno.
saluti!!La regolazione dell’uscita dal tubo drenante, consentirebbe alla temperatura della tessitura del terreno nella zona emunta, di alzarsi unitamente a quella dell’ acqua, anziche rimanere solo in relazione coll’abbassamento di falda. Simulerebbe uno stramazzo di un pozzo senza superare la soglia limite della ricarica.
💡 In pratica sto cercando di dire che la trama della tessitura si costituisce anche con microclimi non necessariamente legati al passaggio di liquidi e cioè che è importante preservare risorgive periodiche anche nei periodi di secca.
Poi sarebbe da limitare la comparsa in periodi secchi di crepe intorno al tubo e incrementare muschi e flora ripariale nella zona per garantire il minimo calore nel sottosuolo. Intorno ai pozzi so che si usa tendere a metter cemento per evitare di contaminare la falda con infiltrazioni; la stessa cosa andrebbe penso curata per i drenaggi in zone umide che inevitabilmente in estate son soggette ad essere influenzate dall’esterno più prossimo. Mantenere una temperatura costante ( e questo lo promuoverebbe il dosaggio del “flusso minimo vitale” ) se la zona è già tendente a captare diversi flussi subsidenti nella collina non è cosa inutile . ciaodanbartMembroSempre ripensando ad attirare acque di percolazione nel tubo drenante,pensavo questo:
la persistenza di acqua in un bacino è regolata, oltre che da venti, temperatura e tessitura del fondale, dall’ adduzione proveniente da zone più secche in grado di imbibire il corpo idrico. Per non farlo evaporare o sparire nel terreno escludo la possibilità troppo invasiva di aggiungere direttamente acqua perchè modificherei troppo la struttura delicata del” microclima” interno ad esso e cerco di creare una relazione tra uno o più punti più lontani possibili in grado di mantenere una velocità di conduzione ( non so se si può chiamare così)idonea confinata tra zone adatte a non fermare quest’onda magari subsidente, lenta ma capace di compensare il prosciugamento della pozza. In un circuito del genere si potrebbe immettere piccole quantità di acque di scarico (biodegradabili ) senza modificare eccessivamente il B.O.D. del percorso di ricarica ma intervenendo solo con fito-depurazione nel bacino ? In pratica come viene già fatto ma usando le scoline come filtro…
grazie e ciaodanbartMembroForse vicino casa non è il caso ma, visto che i terreni vicini( poco a valle) hanno delle artesiane,il tenere il tubo pieno in certe stagioni umide potrebbe servire ad attirare le acque di percolazione che li raggiungono. Se funzionasse potrei rifare questo sistema (che dalle mie parti chiamano chiavica )a lato di un “dente” di roccia che affiora nel mio terreno distante da casa, dove in qualche modo credo le acque si concentrano qualche metro sotto terra.
danbartMembroHo riletto la discussione e ti ringrazio molto per le dettagliate risposte che hai dato, malgrado scriva un pò confuso. Oggi notavo che dopo le piogge(a parte il solito zampillo che dicevo) defluiva parecchia acqua dal tubo drenante( foderato di tessuto) che contorna la mia casa, interrato da 1 a 2 metri per 35 metri di circonferenza. E’ giusto farlo svuotare più in fretta possibile o andrebbe regimato per garantire una pressione da (appunto)falda semi-confinata? Come posso evitare che le radici del vicino Olmo, si infilino nel tubo ? ciao
danbartMembroAvevo già trovato quel sito, interessante, spero di trovare il tempo di farlo prima o poi. La cosa che però potrebbe essere approfondita è l’analisi dei percorsi che si trovano naturalmente nei boschi, sempre riguardo l’umidità ,ai quali vertono gli interessi di qualsiasi organismo presente(organico e inorganico)e a cui noi non facciamo caso. Dovremmo interagire con ciò che già assorbe questi venti umidi ai fini di non farli interrare o assorbire, veicolandoli negli alvei incrementando il flusso minimo vitale. Vidi anni fa un filmato di uno in Amazzonia che, nella foresta umidissima, si impegnava nel far scorrere acqua da un bozzetto a un altro, dicendo che ciò era utile per mantenere una sorgentella ; a noi questo atteggiamento parrebbe superfluo ma credo che nei luoghi adatti darebbe un buon aiuto per utilizzare al meglio le fonti naturali. ciao
danbartMembroTi ricordi mica che sito era? Ho letto di sistemi per intrappolare la nebbia o stagni di rugiada e quello magari non lo conosco. Io comunque sono in un ambiente molto umido, solo che la pendenza delle valli è leggera e l’acqua s’aggrotta nel giro di poco. Se però come dici si può condensare l’umidità dall’aria, visto che gli alvei sono troppo ricchi di sostanza organica forse converebbe far prosciugare il più possibile il terreno, mantenendo la flora ripariale utile al flusso minimo, facendo (come notavo tempo fa in liguria) canaletti di sgrondo. Questo non pregiudicherebbe l’umidita latente(non so se si chiama così quel tenore di rugiada medio e umidità portata dai venti ed eviterebbe il superamento del limite di Atterberg delle zolle più franose.
danbartMembro@bernagozzi wrote:
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Le sorgenti a loro volta sono alimentate dalla pioggia …Le sorgenti di vetta come si formano? Quello che volevo dire è rappresentato bene dall’adesione che ha un filo d’acqua con se stesso;penso siano cariche elettrostatiche per esempio che indirizzano poche gocce a formare un filo che ,anche se minimo riesce a scorrere “all’infinito”finchè c’è un se pur minimo dislivello; questa stessa carica potrebbe essere la causa dell’aumento di spinta utile per attraversare il mio tubetto, che quando piove e il monte è saturo si lascia attraversare dalla testa e la coda di questo “fatto”. E’ importante questa particolarità(eventuale) perchè darebbe vità,se studiata. alla possibilità di mantenere in quota energia potenziale senza fare grandi bacini di forte impatto, ma semplicemente rivalutando i piccoli scorrimenti un tempo mantenuti, che durante le piogge distribuivano su tutta la superfice( non solo verso valle come adesso) peli liberi con relative tensioni superficiali; questo a lungo andare magari riattiverebbe il riempimento di cavità carsiche raggiungibili solo da lente e prolungate infiltrazioni ( che da quando è calato l’interesse per i boschi si sono concentrate solo presso sorgive non periodiche) promuovendo l’immissione nella prima falda. Ciao
danbartMembroIn questi giorni sto notando una cosa che riguarda sempre i fenomeni di capillarità. Il principio dei vasi comunicanti sembra adattarsi ad una caratteristica che pare avere il terreno: tempo fa feci una piccola opera di presa che consiste in un tubicino capace di prelevare acqua da un rivolo che nei periodi piovosi raccoglie il ruscellamento delle piovane. Questo tubo (in piano) di 12 cm. di sezione x 1m. riesce a farsi attraversare solo dalle reflue del terreno in saturazione. Anche provando a bagnare e a far scorrere diversi metri a monte di questo, ricoprendogli l’innesto(ho provato a soffiarci dentro per rimuovere eventuali occlusioni), sembra distinguere la portata “percolata” dal resto del territorio da quella provocata dal solo alveo . La trasmissività d’un corso d’acqua(non simulabile con irrorazioni provocate) è possibile esista per una conduttanza tra sorgenti e mare, creando un “circuito chiuso” in grado di auto-regolamentarsi ?
danbartMembroDici “compensate dall’apporto naturale” e a me interessa proprio questo. Ho realizzato piccoli tratti interrati (senza tubi) per cercare di fare un pò come negli scambiatori dove per contatto si utilizza l’energia contigua; vorrei promuovere le vene dell’ acqua di monte verso gli alvei, per evitare l’aggrottamento, ma siccome il terreno in certi periodi umidi franerebbe, vedo utile aumentare il regime e strutturarlo un pò. Pensi possa funzionare o farò solo un bel presepe?
Allego un abbozzo di un sistema che potrebbe nel tempo formare una zona umida in grado di stimolare una sorgente reo crena, imbibendo acqua grazie a un impasto poroso gettato in uno stampo durante un periodo piovoso…per evitare che in poco tempo si riempia tutto di radici dovrebbe forse alloggiare in un ambiente chiuso(quindi senza piante). L’acqua chiama l’acqua e se l’habitat esterno al sistema lo permetterà, quando la falda si alzerà per le piogge, dovrebbe costituire micro tuboli in grado di favorire l’ascesa della interstiziale. Mah può andare?danbartMembroLa collina si può vedere su http://blog.libero.it/terraviva/. Incanalare l’acqua nei torrenti ( in realta sono solo ruscelletti attivi solo dopo le piogge) sarebbe la meglio cosa ma è laboriosa e ora son dietro a costruire casa. Quel litro al sec. d’acqua che dici sarebbe sproporzionato per la capacità di queste fossette, ma penso che, dato che negli anni questi rigagnoli li ho trasformati in mini “foggara”,nel senso che ho soffittato certi tratti dove le acque piovane ci passano sopra senza intasarle di sedimenti, la quantità sufficente a mantenerli con acqua corrente sarebbe minima(1l. al minuto o più):poi visto che dispongo di un grande pannello fotovoltaico inutilizzato m’incuriosisce il riportare l’acqua al serbatoio e grazie alla conduttura interrata la perdita sarebbe minima, forse… ciao
danbartMembroAllora, ho riletto il post e mi scusicchio perchè al solito è un pò confusionario. In pratica da tempo mi chiedo cosa fare di qualche “zampillo” alti 2/5 cm. che appaiono dopo le piogge: tapparli,rallentarli, promuoverli, aggiungere sali quando si esauriscono…Per ora ho solo cercato di farli scendere nelle scoline vicine( Plinio diceva che l’acqua deve cantare se sta bene)per non far formare pozzanghere. Non vorrei scavare pozzi ma sviluppare solo le sorgentelle periodiche che sono qua e la per la collina, c’è qualche testo recente disponibile in rete? grazie
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