Per poter risolvere le equazioni di flusso, MODFLOW suddivide il volume di terreno interessato dalla modellazione in una serie di celle. La logica di discretizzazione dello spazio è rimasta invariata dalle prime versioni di MODFLOW fino a MODFLOW-2005. In MODFLOW-6 sono state aggiunte ulteriori possibilità, non disponibili nelle versioni precedenti.
La discretizzazione dello spazio in MODFLOW-2005
In MODFLOW-2005 sul piano orizzontale le celle sono individuate dall’intersezione delle righe e delle colonne. Le righe si generano da una serie di linee parallele all’asse x; le colonne da una serie di linee parallele all’asse y. Posto che le linee che delimitano le righe sono perpendicolari alle linee che delimitano le colonne, in pianta le celle possono assumere solamente una forma rettangolare. Nel caso in cui la spaziatura delle righe sia costante ed uguale alla spaziatura delle colonne le celle assumono una forma quadrata.
La Figura 3 mostra a sinistra un modello in cui la spaziatura delle righe è uniforme ed uguale alla spaziatura delle colonne con celle che, di conseguenza, assumono una forma quadrata; a destra è rappresentato un modello in cui la spaziatura delle righe e delle colonne è variabile, con celle che in pianta assumono una forma rettangolare.
Le righe e le colonne sono numerate con numerazione che inizia dalla cella in alto a sinistra. Per le colonne la numerazione si incrementa spostandosi da sinistra verso destra mentre per le righe si incrementa spostandosi dall’alto verso il basso.
L’orientazione degli assi x e y segue il verso di numerazione delle righe e delle colonne. L’origine degli assi è individuato in corrispondenza del vertice in alto a sinistra del modello con asse x disposto orizzontalmente (nella direzione di J) e asse y disposto verticalmente (nella direzione di i).
Le coordinate x si incrementano spostandosi da sinistra verso destra e le coordinate y si incrementano spostandosi dall’alto verso il basso.
MODFLOW lavora nelle tre dimensioni e pertanto è stato necessario individuare un criterio per generare suddivisioni in senso verticale, cioè lungo l’asse z.
Questa suddivisione viene operata creando delle superfici, che fra di loro non si intersecano mai, che permettono di individuare una serie di livelli, uno sovrapposto all’altro. Questi livelli vengono chiamati layer e sono numerati dall’alto in basso, con il layer 1 corrispondente al layer superiore. Nell’esempio rappresentato in Figura 4 sono stati individuati 2 layer, visibili nei riquadri in basso (piano x-z) e in alto a destra (piano y-z).
Nella figura, per visualizzare il modello in 3 dimensioni è stata utilizzata la proiezione ortogonale, analoga a quella disponibile nell’interfaccia grafica ModelMuse.
Contrariamente alle righe e alle colonne, che devono essere parallele fra di loro, i layer possono essere ondulati, in modo da poter seguire il reale andamento delle unità idrogeologiche.
Il numero complessivo delle celle di un modello è dato dalla moltiplicazione delle righe, per le colonne per i layer: 96 nel caso dell’esempio di Figura 4.
Le celle sono identificate da gli indici i, j e k che identificano rispettivamente la riga, la colonna e il layer. Ad esempio, la cella A ha indici 6,7,1 mentre la B ha indici 6,2,2.
In MODFLOW ad ogni cella possono essere associate caratteristiche differenti rispetto alle celle adiacenti ma, all’interno di ogni cella, le caratteristiche si devono mantenere costanti. Ad ogni cella può essere associata una determinata conducibilità idraulica, una determinata ricarica da pioggia, una determinata evapotraspirazione e questa assegnazione può essere, teoricamente, anche differente per ogni cella del modello ma all’interno di ogni singola cella la conducibilità idraulica, la ricarica e l’evapotraspirazione viene considerata costante.
Per questo motivo, in linea teorica, tanto più piccole sono le dimensioni delle celle tanto più il modello potrà ricostruire in modo fedele la realtà. E’ proprio per questa ragione che di solito la spaziature delle righe e delle colonne è variabile: nelle porzioni centrali del modello, dove in generale è necessaria una maggiore fedeltà di ricostruzione, la dimensione delle celle può essere ridotta mentre nelle porzioni marginali può essere ampliata.
In linea di massima la spaziatura delle celle e dei layer segue una logica di compromesso fra la precisione di ricostruzione e la riduzione della mole di calcolo del software: minore è la dimensione delle celle maggiore è la precisione ma maggiore diventa anche la mole di calcolo.
Nella figura viene riprodotto un esempio di discretizzazione per un modello in cui è presente un fiume, indicato con una linea tratteggiata (1), e un’area di ricarica, indicata con una linea spessa continua (2).
Nel caso del fiume la condizione RIV, che permette di simulare le interazioni fra un fiume e l’acquifero, verrà associata a tutte le celle che sono attraversate dal percorso del fiume, indicate in figura con un retino esagonale.
Per la ricarica la condizione RCH, che permette di simulare una ricarica dell’acquifero per pioggia o per irrigazione artificiale, verrà assegnata a tutte le celle che ricadono nella porzione soggetta a ricarica, indicate in figura con un retino puntinato.
In determinate condizioni alcune porzioni del modello possono anche essere disattivate. Questo ad esempio capita quando si realizza un modello in un’area interessata da sedimenti ad elevata conducibilità idraulica, ad esempio sabbie e ghiaie, limitate lateralmente da un substrato roccioso praticamente impermeabile. In questo caso, visto che in pianta la forma del modello è necessariamente rettangolare, alcune porzioni della griglia cadranno inevitabilmente in corrispondenza del substrato roccioso: queste celle possono essere disattivate ed escluse dalla modellazione e dal calcolo. Nel caso dell’esempio di Figura 4 sono state disattivate le celle grigie (“inactive cells” o “no flow cells”).
Per facilità di comprensione una cella disattivata può essere considerata come un oggetto inerte, assolutamente impermeabile e senza nessuna condizione associata.
A titolo di esempio la Figura 5 mostra la trasposizione delle caratteristiche idrogeologiche di una ipotetica area di studio nella griglia di un modello MODFLOW. I retini individuano i tipi litologici costituiti da bedrock impermeabile, limi e sabbie, in una tipica configurazione di vallata alluvionale con depositi sciolti a granulometria variabile che costituiscono il riempimento della valle e bedrock con conducibilità idraulica di ordini di grandezza inferiore rispetto ai depositi alluvionali affiorante sui due fianchi della valle.
A destra è rappresentata la trasposizione di questo assetto idrogeologico in un ideale modello MODFLOW: il bedrock, che paragonato ai sedimenti alluvionali può essere considerato sostanzialmente impermeabile, può essere rappresentato da celle inattive mentre le aree di affioramento dei limi e delle sabbie con celle caratterizzate da una conducibilità idraulica differente, identificate da differenti tonalità di grigio.